LA CORTE DI APPELLO

    Riunita  in  camera di consiglio, ha emesso la seguente ordinanza
nella  causa  civile  riassunta  a  seguito  di rinvio dalla Corte di
cassazione   iscritta  al  n. 1639  del  ruolo  generale  contenzioso
dell'anno  1998,  avente  ad  oggetto:  opposizione  ad indennita' di
espropriazione  e  risarcimento  danni posta in decisione all'udienza
collegiale del 25 gennaio 2007 e vertente tra E.N.E.L. - Societa' per
Azioni  con  sede  in  Roma,  via  G.B.  Martini  3,  in  persona del
procuratore  ing.  Vito  Antonio  Elia,  domiciliato per la carica ed
elettivamente  in  Napoli,  via  G.  Porzio, 4 is A/1 presso gli avv.
Giancarlo  Bruno,  Filippo  de  Stefano  e  Giovanni  Paterno' che la
rappresentano e difendono, appellante in riassunzione e Izzo Vincenzo
nato  a  Benevento  il  13  giugno 1921 e res. in Benevento, Contrada
Ponte  Cardone,  rappresentato  e difeso dagli avv. Raffaele Sodano e
Ernesto  Procaccini  e  presso  quest'ultimo elett. te domiciliato in
Napoli al corso Vittorio Emanuele, 670, appellato in riassunzione.
                   P r e m e s s a  i n  f a t t o
    Izzo Vincenzo, proprietario di un appezzamento di terreno sito in
Benevento,  occupato  d'urgenza  dall'E.N.E.L.  in virtu' dei decreti
prefettizi  n. 33559/IV  del  15  ottobre  1968,  n. 30655/IV/ del 20
settembre   1968,   e   n. 38621/IV  del  29  novembre  1968  per  la
realizzazione di una stazione elettrica e di due elettrodotti ad alta
tensione,  conveniva  in giudizio l'E.N.E.L. perche' fosse condannata
al  pagamento  dell'indennita' per il periodo biennale di occupazione
legittima  delle  aree, nonche' al risarcimento dei danni conseguenti
all'ulteriore  illegittimo protrarsi dell'occupazione ed all'avvenuta
ultimazione delle opere senza che fossero intervenuti i provvedimenti
di esproprio e di asservimento.
    Radicatosi   il   contraddittorio   l'E.N.E.L.  chiedeva  in  via
riconvenzionale  la  costituzione  in  proprio  favore delle servitu'
relative ai due elettrodotti.
    Con  decreto  n. 8929/IV  del  14  dicembre  1976  il Prefetto di
Benevento  disponeva  l'espropriazione  in favore dell'E.N.E.L. della
superficie  di  mq  15.100  utilizzata  per  la  realizzazione  della
stazione   elettrica   ed   avverso   la   stima  dell'indennita'  di
espropriazione  ed  occupazione  in  complessive  L. 4.915.050 l'Izzo
proponeva opposizione.
    Riuniti   i   due  giudizi,  con  ulteriore  decreto  prefettizio
n. 102/IV  del  9  gennaio  1979, veniva asservita permanentemente la
superficie   di   mq   6.600  del  fondo  dell'Izzo  all'elettrodotto
Maddaloni-Benevento.
    Con  sentenza n. 429/1982 il Tribunale di Benevento rilevato che,
per effetto dell'intervenuto provvedimento espropriativo, il giudizio
di  risarcimento  danni si era automaticamente convertito in giudizio
di  opposizione  alla  stima,  dichiarava  la propria incompetenza ai
sensi  dell'art. 19  legge  22  ottobre  1971  n. 865  e dell'art. 34
c.p.c..
    La causa veniva riassunta innanzi alla Corte di appello di Napoli
dall'Izzo  che,  con  ulteriore  atto  notificato  il 17 giugno 1983,
citava  l'E.N.E.L.  e chiedeva, previa declaratoria di tardivita' del
decreto  prefettizio  n. 10311  di asservimento di altri mq 1.865 del
fondo  di  sua  proprieta'  ad  un  elettrodotto di m 58, la condanna
dell'E.N.E.L.   al   risarcimento   danni  cagionati  dall'esecuzione
dell'opera   ed   opponendosi   in   via   subordinata,   alla  stima
dell'indennita' di espropriazione ed occupazione.
    La  Corte,  riunito  il  suddetto giudizio a quello n. 1153/1983,
richiedeva  il  regolamento  di  competenza  e  la  suprema  Corte di
cassazione,  con  sentenza  n. 6364  del  7  marzo 1986 dichiarava la
competenza  del  Tribunale  di  Benevento  in  ordine alla domanda di
risarcimento danni da occupazione illegittima.
    L'Izzo   riassumeva   il  giudizio  di  risarcimento  dei  danni,
comprendenti  anche quelli derivanti dall'opera descritta nel decreto
prefettizio  n. 10311/IV  nonche'  quella  di  opposizione alla stima
davanti alla Corte di appello.
    Il Tribunale di Benevento con sentenza n. 138/1989: a) dichiarava
l'inefficacia dei decreti prefettizi di espropriazione n. 8929/IV/del
14  dicembre 1976, n. 103/IV/ del 9 gennaio 1979, e n. 10311/IV/del 5
ottobre   1981;  b) condannava  l'E.N.E.L.  al  pagamento  in  favore
dell'attore  della  somma  di  L. 97.588.880 a titolo di risarcimento
danni,  con gli interessi legali dalla data di cessazione del biennio
di  occupazione  legittima;  c) in accoglimento per quanto di ragione
della   domanda  riconvenzionale,  dichiarava  che  l'E.N.E.L.  aveva
acquisito a titolo originario le servitu' di elettrodotto a danno del
fondo  dell'Izzo,  nelle  consistenze  accertate  da CTU e condannava
l'E.N.E.L. alle spese processuali.
    Avverso  la  sentenza  proponeva  appello  l'E.N.E.L.,  chiedendo
dichiararsi prescritto il diritto dell'Izzo al risarcimento danni per
la   servitu'   di   elettrodotto   di  cui  al  decreto  prefettizio
n. 10311/IV/1981  e  previa  nuova  CTU,  la  riduzione  delle  somme
riconosciute in favore dell'Izzo.
    Radicatosi    il   contraddittorio   l'Izzo   proponeva   appello
incidentale   per  ottenere  anche  la  valutazione  del  pregiudizio
conseguente    alle    opere    oggetto   del   decreto   prefettizio
n. 10311/IV/1981  ed  una  maggiorazione della liquidazione del danno
che  tenesse  conto della diminuzione di valore della sua proprieta',
della  perdita dei frutti pendenti, della svalutazione monetaria alla
data  della  sentenza, della perdita di redditivita' del denaro e del
tasso bancario degli interessi.
    Il  giudizio  di  appello  veniva  riunito,  insieme  al giudizio
riassunto  dopo il regolamento di competenza, a quello riassunto dopo
la pronuncia di incompetenza del Tribunale di Benevento.
    Con  sentenza  n. 1528/1992 la Corte di appello determinava in L.
194.506.359  la  somma  dovuta  dall'E.N.E.L.  all'Izzo  a  titolo di
risarcimento  danni,  nonche'  in  L.  1.755.311  l'indennita' per le
occupazioni legittime del suolo dell'Izzo, oltre interessi legali dal
maturare  di  ciascuna annualita' al saldo, ordinando all'E.N.E.L. il
deposito  del  corrispondente  importo  presso  la  Cassa  depositi e
prestiti e compensando tra le parti le spese.
    Avverso  la  sentenza  proponeva  ricorso per Cassazione l'Izzo e
l'E.N.E.L.   ha   resistito   proponendo   controricorso   e  ricorso
incidentale.
    Con  sentenza  n. 5231/1997  la  suprema  Corte,  riuniti ricorso
principale   ed   incidentale,  ha  cassato  la  sentenza  impugnata,
rinviando  a  questa Corte anche per le spese. La Corte, rilevato che
le  doglianze  dell'E.N.E.L. circa l'immotivata condivisione da parte
della  Corte  di  appello  del  valore a metro quadro apoditticamente
individuato  dal  CTU investe la quantificazione del risarcimento, ha
affermato  che  a  tal fine deve tenersi conto dello ius superveniens
costituito dall'art. 3 comma 65 della legge 23 dicembre 1996, n. 662.
    Il  giudizio  e' stato riassunto dall'E.N.E.L. che ha chiesto, in
via istruttoria l'ammissione di una nuova CTU e nel merito, in totale
riforma   della  sentenza  del  Tribunale  di  Benevento,  dichiarare
prescritto  il  diritto  al risarcimento del danno spettante all'Izzo
per  la  servitu'  di  elettrodotto di cui al decreto di asservimento
n. 10311/IV/1981;  in  ogni caso ridurre congruamente le somme al cui
pagamento  l'E.N.E.L. e' stata condannata e per l'effetto condannarsi
l'Izzo alla restituzione delle maggiori somme percepite in esecuzione
della  sentenza  impugnata  e  di  quella  cassata,  maggiorate degli
interessi  e  del  maggior  danno  ex  art. 1224 c.c. a decorrere dal
pagamento   all'effettiva  restituzione,  con  vittoria  delle  spese
processuali di tutti i gradi di giudizio.
    Si e' costituito Izzo Vincenzo che ha chiesto: 1) dichiarando non
manifestamente   infondata,   l'illegittimita'  costituzionale  della
normativa  di  cui  all'art. 3,  comma 65, legge n. 662/1996 con ogni
conseguenziale  provvedimento,  e  confermando  per quanto necessario
ogni  condanna contenuta nella sentenza n. 1528/1992 di questa Corte,
riconoscere  e dichiarare l'E.N.E.L. S.p.A. obbligata al pagamento in
favore di Izzo Vincenzo, oltre che degli importi gia' liquidati nella
menzionata  sentenza,  anche degli interessi legali su tutte le somme
per  cui  e'  condanna,  dal sorgere di ogni credito al soddisfo, con
ogni pronunzia conseguenziale, condannando l'E.N.E.L. al pagamento in
suo  favore  di  ogni  importo  ancora dovuto per tale titolo, sempre
oltre  interessi  legali  dal sorgere del credito al saldo; 2) sempre
dichiarando    non    manifestamente    infondata    l'eccezione   di
illegittimita'   costituzionale  della  normativa  innanzi  indicata,
dichiarare inammissibile, improponibile, improcedibile e in ogni caso
rigettare  ogni  richiesta  formulata  dall'E.N.E.L.  con  l'atto  di
riassunzione, con ogni pronuncia conseguenziale; 3) sempre condannare
l'E.N.E.L.  S.p.A.  al  pagamento  delle  spese  di  tutti i gradi di
giudizio.
    Precisate  le  conclusioni, all'udienza collegiale del 18 gennaio
2001  la  Corte  si  e'  riservata  la decisione, ma con ordinanza 25
gennaio  2001  ha  rimesso  la causa sul ruolo per l'acquisizione dei
fascicoli  di  ufficio  e degli allegati ancora mancanti. All'udienza
Collegiale del 29 novembre 2001, previa sostituzione del relatore, la
causa  e'  stata nuovamente riservata in decisione e, con ordinanza 6
dicembre  2001,  la  Corte  ha disposto procedersi a nuova consulenza
tecnica  di  ufficio  che tenesse conto dello ius superveniens di cui
alla sentenza di rinvio.
    Espletata  la  consulenza  tecnica,  precisate le conclusioni, la
causa  e' stata rimessa all'udienza collegiale del 14 dicembre 2006 e
da  questa  al  18  gennaio 2007, udienze non tenute per l'astensione
della classe forense.
    Quindi  all'udienza  del 25 gennaio 2007 la Corte si e' riservata
la decisione.

                         I n  d i r i t t o

    Dal  dictum  della sentenza di rinvio discende che la fattispecie
all'esame  di  questa Corte va esaminata e decisa nell'ambito ed alla
luce  della disciplina di cui all'art. 3 comma 65, legge n. 662/1996,
stante  l'indiscutibile richiamo operato dalla suprema Corte allo ius
superveniens ai fini della quantificazione del risarcimento spettante
all'Izzo  per la complessa vicenda connessa all'occupazione del suolo
di sua proprieta' da parte dell'E.N.E.L. Con la sentenza di rinvio la
suprema  Corte  precisa,  infatti,  che  deve tenersi conto dello ius
superveniens  costituito dall'art. 3 comma 65 della legge 23 dicembre
1996  n. 662 il quale, aggiungendo un comma alla fine dell'art. 5-bis
del decreto-legge 11 luglio 1992, n. 33, convertito con modificazioni
dalla  legge n. 8 agosto 1992, n. 359, ha stabilito quanto segue: «in
caso  di  occupazioni  illegittime  di  suoli  per  causa di pubblica
utilita' intervenuta anteriormente al 30 settembre 1996, si applicano
per   la   determinazione  del  danno  i  criteri  di  determinazione
dell'indennita' di cui al comma 1, con esclusione della riduzione del
40%. In tal caso l'importo del risarcimento e' altresi' aumentato del
10%.  Le  disposizioni  di  cui  presente comma si applicano anche ai
procedimenti   in   corso   non  definiti  con  sentenza  passata  in
giudicato». Ha, quindi, cassato «in relazione allo ius superveniens»,
avendo   cura   di   precisare   che  la  questione  di  legittimita'
costituzionale  dei  criteri  introdotti  dall'art. 3 comma 65, legge
n. 662/1996  «e'  ininfluente  nel giudizio di cassazione, atteso che
l'applicazione  di tali criteri e' necessariamente rimessa al giudice
di merito, cui deve essere rimessa la causa ...».
    Cio'  posto,  va quindi preliminarmente esaminata la questione di
legittimita'  costituzionale  dell'art. 5-bis  comma 7-bis richiamato
dalla  sentenza  di  rinvio, questione sollevata dalla difesa di Izzo
Vincenzo  dapprima  in riferimento agli art. 3, primo comma e secondo
comma  2  Cost.  con  la  comparsa  di costituzione in riassunzione e
successivamente,  con  la  comparsa  conclusionale  depositata  il 1°
dicembre 2006 e con le note di replica, con riferimento agli art. 111
e  117  Cost.,  avendo  l'Izzo  fatto  esplicito  richiamo  alle note
ordinanze  della  Corte  di  cassazione n. 11887/2006 e 22357/2006 di
rimessione  alla  Corte costituzionale, con le quali la suprema Corte
ha  ritenuto  «rilevante  e non manifestamente infondata la questione
anche  qui  posta,  per  contrasto agli art. 111 e 117 Cost. anche in
rapporto all'art. 6 CEDU».
    Come   e'   noto  la  questione  di  legittimita'  costituzionale
dell'art. 5-bis,  comma 7-bis, legge 8 agosto 1992, n. 359 introdotto
dall'art. 3,   comma   65,   legge  23  dicembre  1996,  n. 662,  con
riferimento  agli  art. 3 e 42 Cost., quale inizialmente prospettata,
e'  gia'  stata dichiarata non fondata dalla Corte costituzionale con
la  sentenza  n. 148/1999  e tale affermazione e' stata seguita anche
nelle successive sentenze della medesima Corte n. 396/1999 e 24/2000,
nonche'  nelle ordinanze n. 251/2000 e 158/2002, cui integralmente si
rinvia,  per  cui  sotto  tale  profilo  la  questione  e' gia' stata
ampiamente   esaminata   dalla  Consulta  e  non  richiede  ulteriori
approfondimenti.
    L'evoluzione  giurisprudenziale  della Grande Chambre della Corte
europea  dei  diritti  dell'uomo  (da ultimo con la sentenza 29 marzo
2006),  tuttavia,  ha  indotto  la  Corte  di cassazione ad una nuova
valutazione  della  questione  di  legittimita'  Costituzionale della
norma de qua, con riferimento agli art. 111 e 117 della Costituzione,
anche  in  rapporto  all'art. 6 della Convenzione europea dei diritti
dell'uomo  ed  all'art. 1  del  Primo  protocollo addizionale, con le
ordinanze  dianzi  ricordate,  cui  questa Corte intende uniformarsi,
condividendole in pieno.
    Come   gia'  rilevato  dalla  suprema  Corte,  la  giurisprudenza
comunitaria  e'  ormai  consolidata  nel  ritenere che il criterio di
calcolo dell'indennizzo introdotto dal comma 7-bis dell'art. 5-bis si
pone  in  contrasto con i precetti della Convenzione, laddove prevede
un'indennita' largamente inferiore rispetto al valore venale del bene
espropriato,  rompendo  il giusto equilibrio tra interesse generale e
diritto  di  proprieta'  individuale,  nonche'  laddove  ne  e' stata
introdotta  l'applicazione  retroattiva sinanche ai giudizi in corso,
come avvenuto nella fattispecie all'esame di questa Corte.
    Deve  ritenersi,  pero',  conformemente  a quanto affermato dalla
suprema Corte, che il nostro ordinamento non consente di disapplicare
la  normativa interna giudicata in contrasto coi principi della CEDU,
mentre  si  puo'  configurare  solo un intervento del legislatore che
provveda  ad  individuare  un  nuovo  sistema  indennitario  tale  da
allinearsi  agli  obblighi  internazionali, cosi' da evitare condanne
per  responsabilita'  degli  Stati  membri derivanti dalla violazione
della Convenzione.
    Cio'   posto,   deve   rilevarsi,  pero',  che  la  questione  di
legittimita'  costituzionale  della norma de qua vada rivalutata alla
luce  del diverso parametro dell'art. 111 nonche' dell'art. 117 della
Costituzione,  come  riscritti dopo le pregresse pronunce della Corte
costituzionale.
    In   particolare   l'art. 111,  nel  garantire  fra  l'altro,  il
principio  del «giusto processo» e della «condizione di parita' delle
parti»  appare  fondatamente violato dalla retroattivita' dei criteri
di  liquidazione  ai  procedimenti ancora in corso, ed ha determinato
una  ingerenza  del  legislatore  sul  presente procedimento a favore
dell'E.N.E.L.  ed  a  sfavore dell'Izzo. In proposito va sottolineato
che  se il processo fosse stato concluso prima dell'entrata in vigore
della  norma,  l'Izzo  avrebbe  potuto ottenere una somma maggiore di
quella risultante dall'applicazione del comma 7-bis, tant'e' vero che
l'E.N.E.L.  ha  chiesto la ripetizione delle maggiori somme frattanto
pagate  in  esecuzione  della sentenza cassata, per effetto del nuovo
calcolo  operato  alla  luce  dello ius superveniens. Evidente appare
alla  Corte  la  rilevanza  della  questione  posta  con  riferimento
all'art. 5-bis, applicabile alla fattispecie sia ratione temporis che
per la natura delle aree.
    Quanto  all'art. 117,  primo  comma in relazione all'art. 6 della
Convenzione  ed  al  primo  protocollo  addizionale,  detta  norma e'
diretta  a  colmare una lacuna dell'ordinamento, per quel che attiene
ai  rapporti  fra  la  fonte  comunitaria e la legge nazionale, ed in
specie in riferimento ad un ristoro riduttivo del valore del bene, in
contrasto  coi  precetti della Convenzione: donde ancora una volta la
rilevanza,  posto  che  il  sistema introdotto dall'art. 5-bis, comma
7-bis  comporta  un  risarcimento  per  l'illegittima occupazione non
rispondente  al sistema della Convenzione, dal quale discenderebbe un
piu' equilibrato sacrificio per l'Izzo a fronte di un giusto ristoro.
    In  conclusione,  conformemente a quanto gia' ampiamente rilevato
dalla  Corte  di  cassazione  con  le  precedenti ordinanze di rinvio
n. 11887  e  n. 22357/2006,  che  appare  opportuno  richiamare, onde
evitare eccessive ripetizioni, vanno dichiarate rilevanti ai fini del
decidere  e non manifestamente infondate le questioni di legittimita'
costituzionale  dell'art. 5-bis  del  d.l.  n. 333/1992 convertito in
legge  8  agosto  1992, n. 359, per contrasto con l'art. 111, primo e
secondo  comma della Costituzione, in relazione all'art. 6 della CEDU
ed all'art. 1 del primo protocollo addizionale ad essa nella parte in
cui,  disponendo  l'applicabilita' ai giudizi pendenti dei criteri di
determinazione  del risarcimento danni per occupazione illegittima in
esso  contenuti,  ha  violato  il  diritto  ad  un  giusto processo e
determinato  un'ingerenza  del legislatore nell'amministrazione della
giustizia, incidendo sulla condizione di parita' delle parti; nonche'
per  contrasto  con  l'art. 117, primo comma della Costituzione anche
alla  luce  dell'art. 6 della CEDU e dell'art. 1 del primo protocollo
addizionale  di essa, nella parte in cui, disponendo l'applicabilita'
ai  giudizi  in corso delle regole di determinazione del risarcimento
danni  da  occupazione  illegittima  ed  assicurando  un  trattamento
indennitario lesivo del diritto di proprieta' viola i vincoli assunti
dagli Stati membri.
    Quanto  sopra  comporta la sospensione del processo e l'immediata
trasmissione degli atti alla Corte costituzionale.